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Una raccolta di storie e riflessioni condivise dalla nostra comunità.

Pubblicato da Giorgio il

Non è solo l'erba del prato

Mi piace l'odore dell'erba appena tagliata, mi piace di più essere circondato da amici.
La mattinata si annunciava pigra, aveva tutto il sapore di una giornata pigra. Il sole, ancora avvolto nella foschia, faceva da complice alla nostra riluttanza a staccarci dal letto. Avrei volentieri lasciato la giornata scivolare via senza troppi pensieri.

Poi, quasi a volermi smentire, un raggio ha squarciato le nuvole, portando con sé un'energia inaspettata. Ci siamo alzati, ho sigillato qualche fessura, piccoli gesti per un inizio. Dopo pranzo Emanuele si è unito a noi per il caffè e la sua innocente domanda sui lavori mi hanno fatto vacillare.
"Se inciampo in un po' di voglia, vorrei tagliare l'erba del prato" gli ho risposto, con scarsa convinzione, pensando al divano.
Avevo pensato all'erba, sì, ma era più un'idea che un intento. Eppure, sentendolo tagliare la legna più tardi, un sottile senso di incompiuto si è insinuato. Ho preso il decespugliatore, iniziando senza vero slancio.

La visita improvvisa di Gabriele e Luisa è stata un balsamo, una pausa desiderata. Ma la vista del decespugliatore abbandonato sotto il porticato ha risvegliato quella piccola, umana, insistenza. "Finisco il pieno," ho mormorato, quasi a me stesso. E lì, mentre il filo mordeva l'erba e frammenti verdi volavano, ho alzato lo sguardo. Ho visto Gabriele seduto, la sua presenza una calma energia che, silenziosamente, mi spingeva a chiudere quel piccolo cerchio. Poco dopo, anche Emanuele si è unito. Non lavoravano con me, ma il loro esserci, il loro sguardo, rendeva quel compito non più una fatica solitaria, ma parte di qualcosa di più grande.

Ho finito la benzina, il prato un po' più ordinato. Mi sono unito a loro, sotto il porticato, a guardare il tramonto. In quell'istante, non era solo il prato tagliato a darmi soddisfazione, ma la certezza di essere lì, in mezzo agli amici, che trasformava ogni cosa, anche la più semplice, in un'esperienza piena e perfettamente imperfetta.

Pubblicato da Giorgio il

Cosa differenzia l'essere umano dall'intelligenza artificiale?

I difetti dell'essere umano sono essenziali per far apprezzare la produzione dell'essere umano.
Mi sono sempre sentito attratto dalla perfezione, specie quella estetica. Vedevo la stessa attrattiva nell'affidarmi all'intelligenza artificiale per creare contenuti, un modo per risparmiare tempo ed energie. Eppure, ogni volta che rileggevo ciò che produceva, c'era qualcosa di strano, quasi fastidioso in quella perfezione algoritmica, una standardizzazione che rendeva tutto anonimo.

Poi, un'intuizione. Perché, mi chiesi, siamo così attratti da ciò che è "artigianale" rispetto all' "industriale"? Le risposte dell'IA sono una media, impeccabili sì, ma senza anima. L'umanità, invece, si manifesta nell'unicità, spesso nell'imperfezione. I nostri 'difetti' non sono errori, ma tratti distintivi, casuali, irripetibili. È lì che mettiamo la nostra essenza, la nostra 'umanità' in ogni cosa che creiamo. È questo che ci spinge ad apprezzare un lavoro 'fatto da umano', quella perfetta imperfezione che risuona in noi.

Pensavo alle Tesla, così lisce, aerodinamiche, senza un'increspatura. Mi ricordano le fotomodelle, perfette in ogni posa. Ma non so se avrei sposato una fotomodella, né se comprerei mai una Tesla. Mi chiedo spesso perché. Ora lo so: sono proprio le nostre imperfezioni, quelle singolarità, a rendere la nostra produzione non solo apprezzabile, ma essenziale, il vero segno distintivo dell'essere umano.